Difficile trovare un avvocato, difficile spiegare
il complesso caso in cui Henrique è stato coinvolto, senza saper parlare o
scrivere l'italiano. Sono stata costretta a cercare un nuovo posto in cui
abitare, perché la casa dove alloggiavamo all’inizio era costantemente
assediata dai giornalisti brasiliani, rappresentanti delle grandi aziende dei
media nazionali. Queste aziende famose per la loro posizione conservatrice che
hanno contribuito alla condanna di mio marito attraverso la diffusione di
menzogne e omissioni importanti della verità (compreso il fatto che anche loro,
come hanno dimostrato le indagini, hanno ricevuto il denaro - per fare
marketing - che Henrique è stato accusato di aver deviato a vantaggio di un
partito politico) e hanno fatto pressione affinché tutti gli imputati nel
processo in cui anche mio marito è stato coinvolto fossero condannati. In sostanza,
sapevo di non potermi fidare di loro.
Ho cercato un “agriturismo” in cui trasferirmi, un
luogo isolato dove poter concentrarmi per la battaglia che sto combattendo per
Henrique. La ragazza dell’agriturismo che mi ha ricevuto ha chiesto il mio
documento d’identittà e non appena ha digitato il mio nome e il numero di
documento, sullo schermo è apparso un messaggio che le diceva di chiamare
immediatamente i Carabinieri. Lei non ha avuto nessuna reazione aggressiva o
scomposta; con gentilezza, delicatamente e con tutta la calma possibile mi ha
spiegato la procedura, ha fatto la chiamata e mi ha detto che era tutto ok e
che io ero la benvenuta nella sua struttura. Le ho spiegato sinceramente cosa
stava succedendo a mio marito Henrique e mi sono sentita molto alleggerita,
perché ho avuto la sensazione di non essere più sola. Lei ha capito
immediatamente il mio livello di fatica e afflizione e ha cercato di
confortami, invitandomi a pranzo con sua madre e un altro dipendente
dell'agriturismo. Mi sono sentita accolta. Non dimenticherò mai questo momento.
Sono sempre stata convinta che gli angeli esistono e che appaiono al momento
giusto per aiutare, per far capire che non si è soli e che non ci si deve
lasciare andare allo sconforto. Appaiono nel momento di difficoltà per dirmi
che sono disposti ad aiutarmi e così trovo la forza per andare avanti. Per
comprendere il significato di tutto ciò e per restituire il bene ricevuto,
provo a imitarli, a guardare ed essere attenta se qualcuno ha bisogno del mio
aiuto. Ma credo che non sarò mai così efficiente come loro.
Il primo giorno che sono andata a vedere Henrique
alla casa Circondariale di Sant'Anna a Modena, dal momento che non conoscevo
gli orari di visita, sono arrivata ovviamente all’ora sbagliata e mi è stato
detto di tornare più tardi. All’ingresso mi aspettava un gruppo di giornalisti
brasiliani che mi hanno subito circondata. Mi sono sentita in trappola, senza
via di fuga. Sono andata nel primo ingresso famigilari del penitenziario e due
ragazze italiane mi hanno chiesto perché i giornalisti mi assillavano in quel
modo. Francamente non mi ricordo quello che ho risposto, perché era molto
angosciata da tutta la situazione. Ma quello che no dimenticherò mai è che le
due ragazze - una delle quali in stato di gravidanza – si sono offerte di
proteggermi dicendo che all’uscita mi avrebbero accompagnata…
Quel giorno ho preso alcuni vestiti e qualche
frutto da portare a Henrique, perché so quanto gli piace la frutta. Non avevo
informazioni sui giorni in cui erano consentite le visite e che cosa era
permesso portare dentro al carcere. La frutta tornò a casa con me, perché
questo è un alimento che non si può portare ai detenuti.
Il primo colloquio con Henrique è stato
angosciante. La prima domanda che ci siamo fatti l’un l’altra è perché stavamo
vivendo questa situazione. Questa domanda ha un senso molto ampio per noi,
difficile da spiegare agli altri: è necessaria una vita per essere compresa
fino in fondo.
Lui mi ha detto: "Non ho mai fatto male, né
voluto male a nessuno. Non merito, e nemmeno tu, tutto quello che sta
accadendo". Queste frase, per me che conosco Henrique, riflette il suo
lato religioso di credente che tenta di seguire, nella pratica, gli
insegnamenti di Gesù Cristo, insegnamenti che hanno finito per influenzare e
determinare il suo carattere e la sua posizione ideologica dinanzi alla vita.
Proverò a spiegare un pò meglio.
Henrique è una persona estremamente convinta che la
sua esistenza ha senso se lui può fare del bene per gli altri. Nella sua idea,
“gli altri” sono le persone più deboli, coloro che hanno bisogno di aiuto,
quelli che, in qualche modo, subiscono ingiustizie o sono emarginati. Ammetto
che nei 35 anni che abbiamo passato insieme ho lamentato in un paio d’occasioni
che volevo un po' di più della sua attenzione, la stessa che dedicava a questi
“altri”. Oggi mi addolora vedere che lui è molto preoccupato per me. La sua
angoscia dipende dal non riuscire a fare qualcosa per aiutarmi e difendermi.
Per noi è molto difficile capire le ragione per cui le autorità che rappresentano il Brasile, nel governo del PT (Partito dei
Lavoratori), il partito per il quale anche noi abbiamo combattuto affinché
arrivasse a governare, convinti che avrebbe difeso la giustizia parimenti per tutti
i cittadini, hanno deciso di chiedere l’estradizione di Henrique consapevoli
che Henrique non ha commesso i reati per i quali è stato condannato,
consapevoli che il processo nel quale Henrique è stato giudicato non è stato
equo e che Henrique non ha avuto nemmeno il diritto di ricevere un secondo
grado di giudizio come prevede la Costituzione federale del Brasile del 1988.
Costituzione che per la quale anche noi abbiamo combattuto affinché fosse
approvata dopo il triste periodo della dittatura (1964-1985).
Il primo colloquio con Henrique nella prigione di
Sant’Anna è stato molto doloroso e triste, perché non riuscivamo a spiegare
l’un l’altro perché stavamo vivendo quella situazione.
Quel giorno, lasciando Sant'Anna, ho potuto contare
sulla solidarietà delle due giovani italiane disposte a difendermi dai
giornalisti, mentre mi chiedevo come avessero fatto a capire così rapidamente
che avevo bisogno d’aiuto. Le ho ringraziate per la solidarietà e per avermi
accompagnato. Contemporaneamente ho guardato i giornalisti e l'unica cosa che
sono riuscita a dire loro era il sentimento di immensa tristezza per non avere
sentito nessuna parola d’umanità da parte dei miei connazionali.
Quel giorno tornai all’agriturismo, cercando la
pace, la tranquillità e l’amicizia che avevo trovato lì fin dal primo giorno:
un piccolo paradiso.
Dopo il primo mese, fatto
solo di angoscia e sofferenza, io ed Henrique siamo stati testimoni
del fatto che le barriere e le frontiere poste dai governanti tra un paese e
l’altro non riescono a confinare la più bella e universale qualità dell’essere
umano: la solidarietà.Andrea Haas
Nessun commento:
Posta un commento