Don Angelo Lovati*
Ho conosciuto il sig, Henrique Pizzolato
nel febbraio 2014, detenuto presso la Casa Circondariale “S. Anna” di Modena, dove
svolgo il servizio di cappellano. Successivamente, dopo la sua momentanea
scarcerazione, l’ho incontrato di frequente anche nella mia parrochia di
Ubersetto in occasione della celebrazione della s.messa ed ora, da qualche
tempo, lo vedo di nuovo al “S. Anna”.
Richiesto dalla moglie Andrea e dallo stesso
Henrique di offrire una mia testimonianza, nell’intento di contribuire ad
impedire l’estradizione in Brasile, ritengo di poterla fornire nei seguenti
termini.
Sono dalla parte di Henrique perché, a
seguito di una’ampia documentazione, che mi è stata offerta da più parti in
questi mesi, ho fondato motivo di ritenere che, in Brasile, non siano rispettati
i diritti umani più elementari all’interno delle carceri (questo non mi esime
dal dire che – dopo nove anni di servizio, come cappelano – seri problemi
relativi al rispetto dei diritti umani, anche se di minor gravità, in confronto
a quel Paese, esistono anche nel nostro sistema penitenziario).
Quanto alla persona di Henrique, non esito
a dichiarare, senza remora alcuna che, in lui, da subito, ho colto tanta
ricchezza d’animo: intelligenza e umanità, accompagnate da un sentimento
religioso molto profondo. Impressioni che hanno trovato ampia conferma in me
anche nei mesi di temporanea libertà, dopo la prima detenzione ed ora, di
nuovo, al “S. Anna”. Persona mite e massimamente rispettosa nei confronti di
chiunque e, sotto il profilo squisitamente religioso: una grande fede, vissuta con
semplicità e profondità.
Nel rendere questa mia testimonianza e,
dopo averne parlato con lo stesso Henrique, mi astengo dall’entrare nel merito
del “problema strettamente giudiziario”.
So che Henrique, sorretto da fede sincera
e profonda, ogni giorno non tralascia di rivolgersi a Dio con le parole del
Salmo: “Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore...” (139), fiducioso che questa
quotidiana, sofferta sua preghiera, possa trovare legittimo appagamento, conforme
alle attese sue e della moglie Andrea.
Nel mio rendere questa testimonianza,
tengo a precisare che lo faccio, soltanto ora e dopo diverse sollecitazioni,
senza altra ambizione, che quella di “essere segno”, anche in questa
particolare circonstanza e, assieme a tanti altri, che operano sia all’interno
che al di fuori del carcere, con la consapevolezza di essere, in quanto
cappelano, inviato dalla e parte della Chiesa, che è in Modena, chiamata, dal
suo Signore, ad essere presente anche in questa “periferia esistenziale” (Papa
Francesco), come segno di misericordia e di esperanza.
*cappellano del carcere S. Anna
(pubblicato nel settimanale cattolico
modenese, Nostro Tempo, 3 maggio 2015)
Nessun commento:
Posta un commento