Egregio Sig.
Ministro Andrea Orlando
Mi chiamo Andrea Haas e mi
permetto di scriverLe per esporLe alcune sensazioni, osservazioni e anche fatti
che spero possano servirLe a prendere una decisione in favore di mio marito
Henrique Pizzolato, in attesa della decisione sulla richiesta di estradizione
presentata dal Brasile.
Per me è assolutamente
terrificante pensare che Henrique potrà essere estradato in Brasile per scontare
una pena totalmente ingiusta che è stata determinata dai giudici che hanno
deciso di condannarlo, nonostante le numerose prove documentali e testimoniali
a sostegno della sua innocenza.
É terribile sapere che le
autorità brasiliane – il Ministro della Giustizia e il Procuratore Generale (Pubblico
Ministero) – che dovrebbero garantire i diritti previsti dalla Costituzione
federale brasiliana come il diritto di uguaglianza, il diritto di difesa, il
diritto a un processo equo, hanno invece permesso la violazione di questi
diritti nel processo in cui Henrique è stato giudicato. Nonostante lui fosse un
comune cittadino è stato infatti processato da un tribunale d’eccezione e non
ha avuto il diritto ad un giudice naturale ed imparziale, non ha avuto il
diritto al doppio grado di giudizio, il diritto di appello.
Per le persone normali
sembra folle sentire che un giudice della Corte Suprema e il Procuratore generale della Repubblica abbiano
nascosto prove per la difesa degli imputati, e tra questi Henrique, ma
purtroppo questo è vero. Sembra anche folle sentire che un giudice della Corte
Suprema, ora presidente di questa corte, all’epoca del giudizio si è sentito
minacciato dalla stampa e per sbarazzarsi della pressione mediatica che ha
richiesto giustizialismo e le condanne di tutti gli imputati, ha deciso di
condannare Pizzolato leggendo l'opposto di ciò che era scritto nei documenti.
Purtroppo tutto questo è successo e vi sono le prove.
Oggigiorno sembra assurdo
che la vita di una persona possa essere negoziata come se fosse un oggetto di
scambio per ottenere qualche vantaggio politico e personale, ma purtroppo
constato che è un dato di fatto, anche espresso dall'On. Bueno, che ha
affermato, con riguardo all’estradizione di Pizzolato: "Questa è l’ora di
fare lobby ", riferendosi al suo desiderio di vedere Pizzolato estradato
per scontare la sua pena nelle carceri brasiliane le cui condizioni lei stessa
ha definito con i suoi colleghi parlamentari italiani come “intollerabili e
offensive per ogni essere umano." È terribile pensare che Pizzolato sia considerato
una “cosa”, una merce di scambio e, così, il suo destino possa essere incrociato
con quello di Cesare Battisti.
Molte volte stento a
credere che qualcuno possa pensare che sia giusto che una persona che è stata
giudicata da un solo tribunale, senza diritto a un ricorso, meriti di essere
sommariamente condannata. Io insisto - o meglio, insistono e lo “gridano i
fatti e le carte”, come una volta ha detto Enzo Tortora - affinché le prove
documentali del processo brasiliano siano lette, perché dicono che Pizzolato
non ha commesso i crimini a lui attribuiti.
Henrique, pur avendo subito
molte ingiustizie crede ancora nella giustizia. Questo mi commuove molto. Crede
nella giustizia nel suo senso più ampio: nella giustizia dei tribunali, nella
giustizia della verità contenuta nelle prove e nei documenti, nella giustizia
di Dio e anche degli uomini che difendono la giustizia. Egli è venuto in Italia
per ricercare quella giustizia che gli è stata negata in Brasile e non ha paura
di essere giudicato da un tribunale che non è soggetto ai media e alle
pressioni politiche.
Io, una persona non così
credente, mi fido dei fatti e di ciò che è scritto nelle molte prove e nei
documenti, ma confesso che ho perso la fiducia e ora ho paura dei tribunali,
perché ho sentito il presidente della Corte Suprema brasiliana dire "Anche in presenza degli stessi fatti, degli
stessi eventi, e persino degli stessi documenti e delle stesse leggi,
tutto comunque ammette una lettura diversificata”(!!!).
Per me è molto triste
vedere il Ministro della Giustizia brasiliano ed il Procuratore Generale della
Repubblica insistere affinché l'Italia estradi Pizzolato, perché oltre a non
avere garantito un processo equo per lui, ora insistono nell’offrire garanzie
che Pizzolato avrà sicurezza ed i suoi diritti umani saranno rispettati in una
prigione brasiliana - cosa non vera. La Commissione e la Corte interamericana e
il Comitato CAT (contro la tortura) hanno già fatto molte richieste alle
autorità brasiliane affinché adottino misure concrete ed urgenti, per disarmare
la popolazione carceraria e porre fine agli episodi di violenza e corruzione
che si verificano nei penitenziari, causati anche dalla condizione di
sovraffollamento e dalla presenza di organizzazioni (gang) criminali nei penitenziari. Purtroppo le autorità brasiliane, tra cui il
Ministro della Giustizia e il Procuratore Generale della Repubblica, non
riescono a risolvere questi problemi, perché ancora omicidi e episodi di maltrattamenti
e tortura di detenuti continuano a verificarsi nelle carceri brasiliane,
compreso nel Penitenziario di Papuda. La tortura non è praticata soltanto
contro i detenuti, ma anche contro le famiglie dei detenuti, più precisamente
contro le donne, siano esse una nonna, una sorella, una moglie, una figlia
adolescente o una bimba, obbligate a spogliarsi per essere perquisite nelle sue
parti intime (l'ano e la vagina) per dimostrare che non portano oggetti
illeciti come droghe o telefonini. Solo a questa condizione un detenuto può
ricevere la visita di una nonna, di una sorella, di una madre, di una moglie o
di una figlia, anche se fosse una bambina.
Non voglio sembrare sarcastica,
ma sarebbe stato meglio che l'energia e anche le spese sostenute per l’avvocato
che ha rappresentato il Brasile nel procedimento di estradizione, per le traduzioni
sbagliate ed incomprensibili e per i viaggi fatti dalle autorità brasiliane in Italia,
fossero state destinate ad una ragione veramente giusta e urgente: il
miglioramento delle condizioni nelle carceri brasiliane.
Concludo dicendo che per me
è molto triste vedere come la vicenda di Henrique venga strumentalizzata, anche
a costo di sacrificare la sua stessa vita, dalle autorità brasiliane.
Io ed Henrique crediamo
sempre che gli strumenti che conferiscono potere agli Stati debbano essere
utilizzati per evitare ingiustizie, perché non c’è lotta più ingiusta, impari e
sleale di quando uno Stato utilizza i propri strumenti di potere contro i
diritti di uno dei suoi sudditi.
Per Henrique ho bisogno di mantenere
la speranza e di credere che possa ottenere quella tanto agognata giustizia,
che spero possa essere fatta dagli uomini giusti.
16 Aprile 2015
Rispettosamente e
cordialmente,
Andrea Haas
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